Dispiace sempre bocciare il frutto di un lavoro personale, ma è doveroso distinguere le opere che rispettano in pieno i criteri metodologici basilari da quelle realizzate in maniera approssimativa. È questo il caso del recentissimo “Americhe Templari. Tracce nel nuovo mondo precolombiano”, di Osvaldo Carigi, uscito per “Intermedia Edizioni”.
Edificato su una “bibliografia” irrisoria e obiettivamente inqualificabile, sorretto da interviste a tratti surreali e finanche da citazioni di romanzi, non vi è un solo paragrafo di questo testo che non riporti errori grossolani e ricostruzioni arbitrarie destituite di fondamento, basate su interpretazioni afilologiche, quando non capziose. Sono tali e tanti gli strafalcioni e gli orrori riprodotti nel libro che sarebbe troppo lungo elencarli.
Ciò che emerge è una profonda “non-conoscenza” dell'Ordine Templare, della sua storia, della sua missione, delle sue regole e, soprattutto, della sua psicologia intrinseca, ignorando completamente tutti quei documenti che, al contrario, attestano realtà ben differenti da quelle “rivelate” nel volume. L'Autore ha, infatti, raccolto acriticamente (spesso condividendole) una serie di informazioni fuorvianti, tuttavia facilmente confutabili se muniti delle necessarie competenze in storia medievale e templare in particolare.
Giusto a titolo di esempio, i Templari non possedevano alcuna “flotta”. Conosciamo addirittura i nomi delle (poche) imbarcazioni di proprietà del Tempio, basterebbe infatti assumersi l'onere di consultare gli incartamenti disponibili, ma questo costa fatica ed è certamente più comodo andare a raccogliere stupidaggini su internet (le note con i link sono un insulto a quanti ricercano in maniera seria). Né tantomeno detenevano tale “flotta” nel porto de La Rochelle (città dove era comunque presente una commanderia), essendo ampiamente noto che gli imbarchi crociati dalla Francia avvenivano principalmente ad Aigues-Mortes.
Inoltre, i Templari non costruirono alcuna cattedrale, fandonia tra le più inverosimili. Se avessero davvero posseduto tutte le risorse in argento di cui si favoleggia le avrebbero riversate sulla Terra Santa, contribuendo in maniera determinante a sconfiggere il poderoso esercito di Saladino e, in seguito, anche quello mamelucco. Viceversa, tutti gli storici qualificati conoscono a fondo i resoconti sulle enormi difficoltà che i Templari dovettero affrontare per mantenere i loro contingenti militari.
Pensare di rintracciare e ricostruire eventuali presenze dell'Ordine sulla base di croci scolpite o dipinte non solo è scorretto ma è addirittura folle. Localizzare i Templari in Argentina, in Brasile, in Bolivia, paesi da cui sarebbero andati e venuti come se nulla fosse, come vaneggiano alcuni degli “esperti” all'uopo interpellati, è veramente fantascienza. Per non parlare del capitolo dedicato a San Francesco d'Assisi, al confine tra l'assurdo e il comico.
In sintesi, un libro che sarebbe da ritenere offensivo se non fosse così traboccante di castronerie e farneticazioni tali da suscitare naturale e sincera ilarità.