Ancora in riscontro alla numerose manifestazioni di apprezzamento per i nostri articoli riguardanti le ricorrenti castronerie evidenziate in diverse pubblicazioni di pseudo-storia templare, vogliamo questa volta offrirvi un piccolo esempio di quanto una maggiore competenza in materia sia determinante per evitare di scrivere idiozie.
Lo spunto ci viene offerto da quello che è da sempre considerato il più celebre dei sigilli templari.
Tralasciando volutamente ogni considerazione sul senso simbolico dei due cavalieri, soffermiamo per ora la nostra attenzione sugli scudi dei militi.
In alcuni dei migliori testi di mitologia templare ci viene rivelato che la simbologia rappresentata sugli scudi stessi non è altro che il “Rays d’Escarboucle”, il “Raggio di Carbonchio”, il cui recondito significato deve necessariamente risultare agganciato all’incorreggibile inclinazione esoterista dei frati-cavalieri.
E’ evidente, però, che i sostenitori di tale teoria non hanno nemmeno avuto l’elementare accortezza di documentarsi.
In araldica, “Raggio di Carbonchio” è il termine utilizzato per indicare la figura formata da una pietra (posta nel centro), da cui si dipartono in genere otto raggi, terminanti il più delle volte con un fiore (giglio).
Ebbene, è mai esistito uno scudo templare di questo tipo? Sembrerebbe proprio di no.
Per quale motivo è stato allora riprodotto in quel modo?
La spiegazione più plausibile è che il disegno stilizzato sullo scudo sia in realtà una semplificazione grafica. Un indizio ci viene dall’illustrazione ove è raffigurata la protezione in uso alle forze templari più o meno nel periodo cui si riferisce il famigerato sigillo.
Come si può notare, lo scudo risulta rinforzato da una struttura centrale sferica e da due bande metalliche che intersecano la croce dipinta.
Perchè, dunque, scrivere cretinate?